Titolo: Praemonitus - L'ombra del destino
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Pagine: 146
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La principessa Ileane ha compiuto la propria missione: sottrarre al malvagio Pentorius la pericolosa creatura che tiene prigioniera. Suo padre, re Herwig, la attende a Naiade per l'esecuzione. Porre fine alle pene di quell'essere è l'unico modo per proteggere l'Unione dei Cinque Regni dai suoi poteri oscuri e imprevedibili. Qualcosa, però, trattiene Herwig. Una voce gli ha parlato attraverso il dono tramandato dai suoi avi, gli Indovini di Tiresia. Al re non resta che graziare la creatura ed assecondare il fato ospitandola a palazzo. Il terribile mostro che popola le leggende, infatti, non è altro che una bambina di dieci anni, Cassandra. Herwig si affida al vecchio Gedeon, medico e stregone, perché cancelli ogni suo ricordo e metta a tacere le potenzialità che stanno nascendo nella sua giovane mente.
Il tempo trascorre in fretta, ma non si può sfuggire in eterno all'ombra del destino. I sentimenti che Damian, il figlio di Herwig, nutre per Cassandra, si fanno sempre più intensi, tanto da fargli perdere la ragione. A causa della propria gelosia rischierà di mettere in pericolo la vita della ragazza e l'intero Regno. Pentorius, infatti, è ad un passo dalla verità, ma non è l'unico deciso a impadronirsi di quegli oscuri poteri.
Fra battaglie, tradimenti e amori proibiti distinguere il bene dal male diventerà sempre più difficile.
“L'ombra del destino” è il primo romanzo della duologia “Praemonitus”.
QUI la mia recensione.
[...] Gruppi di anziane lavoravano ai telai, muovendo le agili dita su grossi fili di lana, incuranti di quanto accadeva a pochi passi da loro. Una decina di ragazze, alcune poco più che bambine, erano in cerchio attorno ad un prigioniero e vi si avventavano a turno pizzicandolo, colpendolo e strattonandolo. Urlavano come bestie selvatiche e ridevano sguaiatamente quando il poveretto tentava di difendersi, nonostante avesse le mani legate e la testa incappucciata. Damian si avvicinò di soppiatto per osservare meglio la scena accorgendosi con orrore che anche gli uomini assistevano divertiti alla scena e incitavano le proprie figlie e mogli a colpire più forte. La loro vittima, tuttavia, pareva non arrendersi e, con un rapido gesto, riuscì ad afferrare una ciocca di capelli da una delle sue aguzzine. Lei strillò alcune parole in una lingua sconosciuta, dimenandosi e scalciando, fino a quando un Errante dalla corporatura tarchiata decise di intervenire. Gettò a terra il boccale che teneva in mano, spargendo un intruglio scuro sulla terra. Tutte le donne tacquero all’improvviso. Perfino le vecchie smisero di tessere e alzarono la testa. Da sotto il cappuccio anche il prigioniero dovette intuire qualcosa. Tremò abbassando il capo, in un misero tentativo di proteggersi, ancora prima che le due grosse mani lo afferrassero per le spalle, scuotendolo brutalmente. Cadde in ginocchio, mentre il cappuccio scivolava ai suoi piedi, rivelando un viso graffiato e sanguinante. I lunghi capelli scuri appiccicati al volto sfigurato dalla paura non impedirono a Damian di riconoscere Cassandra.
«Lasciala andare subito!» Gridò uscendo allo scoperto.
Accecato dalla rabbia non pensò alle strategie di combattimento apprese all’Accademia. Solo contro un'intera carovana non avrebbe mai salvato Cassandra, anzi, sarebbe finito lui stesso schiavo degli Erranti. Per un istante l’uomo guardò stupito il ragazzo, indugiando sulla preziosa spada che brandiva. La lama sottile e dorata luccicava sotto i raggi del sole quanto un gioiello. Poi scoppiò a ridere sguaiatamente, imitato dai suoi compagni. Le donne, invece, si fecero in disparte, ancora spaventate dalla brusca interruzione, ma curiose di osservare meglio il bello sconosciuto.
«Chi saresti tu…messere?!» Un forte accento, tipico delle sue origini, marcava ogni parola, conferendovi un tono ancora più sprezzante. «Gli abiti che indossi certo rivelano la tua nobiltà!» Disse trattenendo a stento un’altra risata e indicando la camicia sgualcita.
Damian si avvicinò a testa alta, cercando di apparire sicuro. Sebbene guardasse negli occhi l’uomo, non gli erano sfuggiti i rapidi movimenti degli altri Erranti, pronti a sgozzarlo ad un cenno del loro capoclan.
«Sono il principe Damian, figlio di re Herwig. Voi calpestate le terre di mio padre…signore.»
«Oh, capisco. Peccato che qui nel bosco, sotto questi alberi, senza tetti e recinzioni» rispose allora, mentre con un ampio gesto teatrale indicava lo spazio attorno a sé «non ci siano signori. Né tu né io. Sei venuto per lei?»
Indicò Cassandra ancora inginocchiata ai suoi piedi. La ragazza tentò di alzarsi, ma lui le premette con forza una mano sulla spalla, costringendola a restare a terra. Damian fremette stringendo i denti.
«L’ho trovata nel bosco. Galoppava tanto velocemente che ha quasi travolto una delle mie figlie. Poteva ucciderla.» Continuò l’Errante.
«Sono certo che non fosse sua intenzione. Se volete un risarcimento l’avrete. Un mio stalliere vi porterà delle monete…» Damian tentò di negoziare.
L’Errante parve divertito. Si grattò il mento, come ad indicare la propria perplessità.
«Perché tanto affanno? Chi è questa ragazza? È forse una fidanzata fuggita? Scappava da qualcosa…o correva da qualcuno…» Rise ancora, mettendo in mostra i denti scuri. «Indossa abiti di taglio maschile!» Constatò chinandosi vicino a Cassandra. «Stava decisamente fuggendo…magari da voi…principino?» Insinuò facendo scorrere le dita lungo il mento della ragazza, scendendo fino al collo sottile.
«Non la toccare!» Ringhiò Damian. «Lei è la dama di compagnia della regina.» Azzardò.
«Ma davvero?» L’Errante si voltò verso i compagni che sghignazzavano. «Adesso è la mia dama di compagnia. Mi piacerà avere una schiava. Perché, in fondo, è quello che è. Voi nobili usate nomi diversi: domestiche, stallieri, dame di compagnia, ma rendete tutti schiavi. Confinati a vita sotto il vostro stesso tetto, obbligati a servirvi in ogni modo, maltrattati e sottoposti alla vostra idea di giustizia. Lei è mia adesso.» Alzò Cassandra per un braccio e la strinse a sé.
Damian la vide chiudere gli occhi mentre l’uomo le passava una mano intorno alla vita.
«Non potete tenerla prigioniera.» Ormai disperato, Damian decise di giocare la sua ultima carta. «Lei è una di voi.» L’uomo parve non afferrare il senso della frase e lo guardò spazientito. «Lei è una Errante!» Continuò allora il principe. «La sua carovana è stata attaccata dai briganti circa otto anni fa, proprio in questi boschi. Tutto il clan è stato sterminato ed è l’unica sopravvissuta. Il vostro Codice d’onore proibisce di…»
«Conosco il nostro Codice d’onore! Il tuo è un ridicolo tentativo, principe.» L’uomo scrollò la pesante testa. Con la mano voltò il viso di Cassandra e lo scrutò. «Lei non è una Errante. Non vedi il colore della sua pelle? E i capelli?» Disse facendo passare le sue dita tozze fra le ciocche sporche di fango. «Non è cresciuta all’aria aperta e non è figlia di Erranti. Inoltre non ricordo alcuno sterminio in questi boschi. Tu menti ragazzo!»
«Non osare darmi del bugiardo! La mia stessa sorella l’ha trovata e portata a palazzo…» Inveì Damian.
«Allora è lei ad averti mentito!» Rise divertito. «Forse anche la coraggiosa Ileane ha i suoi sporchi segreti.»
Damian si lanciò su di lui rabbioso costringendolo a lasciare la presa su Cassandra, che cadde su un fianco. Il corpo massiccio dell’Errante, solido come una roccia ma allo stesso tempo agile, scansò senza fatica i fendenti della spada. Con un cenno della mano si fece passare una piccola ascia da uno dei suoi compari.
«Perdonatemi principino, mi sento più a mio agio con questa!» Esclamò minaccioso.
Sferrava colpi ravvicinati con una violenza selvaggia. Il suo scopo era uccidere, non tramortire. Damian cercò di fare tesoro della pratica a cui la sorella l’aveva costretto. Le mosse del suo avversario, accecato dalla rabbia, divennero presto prevedibili, dandogli modo di difendersi. In pochi istanti l’ascia sfuggì di mano all’Errante, che si ritrovò disarmato.
«Arrendetevi adesso e non informerò mio padre dell’accaduto…» Damian cercò nuovamente di mediare.
«Lo informerò io, ragazzo. Lo informerò della tua morte!» Sbraitò l’uomo furioso. Gridando si lanciò su di lui. Gettò Damian a terra, certo di avere la meglio in un corpo a corpo con quel mucchietto di ossa. Presi dalla foga della lotta nessuno dei due si rese conto della nenia che qualcuno aveva iniziato a cantare, prima piano, poi sempre più forte. L’Errante si fermò col braccio sollevato a mezz’aria, pronto a colpire nuovamente. Tutti i presenti si voltarono verso la vecchia che teneva la testa di Cassandra fra le mani, recitando strane formule ad occhi chiusi. La ragazza, come ipnotizzata, sembrava non riuscire a distogliere lo sguardo dal quel viso rugoso. Dopo alcuni lunghi istanti la donna si zittì.
«Mandali via Rufus! Tutti e due.» Ordinò incrociando le mani sul petto ripetendo i gesti del rituale di protezione degli Erranti.
L’uomo si alzò, ripulendosi i vestiti dalla polvere per prendere tempo. Irritato per l’interruzione, sembrò cercare il coraggio per contraddire la più anziana del suo clan.
«Perché?» Si limitò a chiederle, con gli occhi che ardevano come tizzoni.
«Perché non vogliamo avere nulla a che fare con quella creatura.» Indicò con un cenno del capo Cassandra, poi si rivolse a Damian. «È tuo padre ad avere degli scheletri nell’armadio, principe.»
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